domenica 3 aprile 2011

Vorrei incontrarti fra cent'anni: Fleet Foxes, Strokes, Telekinesis, Pains Of Being Pure At Heart, Yuck, Bibio

Brasi ha ragione: non è un periodo di grandi uscite discografiche. Ma è pur vero che ogni stagione ha i suoi dischi, la propria colonna sonora, bella o brutta che sia, quindi a voler ricordare questi primi mesi del 2011 qualche cosa alla fine ci ritornerà in mente. E poi certa roba decontestualizzata suona molto meglio. Quindi capiterà, ad esempio, che fra 5/6 anni, quando al contrario di oggi saremo tristi o felici, un album come l’ulitmo “Helplessness Blues” dei Fleet Foxes ci farà piangere di gioia o dolore, perché mentre ascolteremo il singolo omonimo e la mandolinata di “Lorelei” ci ricorderemo di quel viaggio in treno, delle campagne assolate che scorrevano sul finestrino; o sulle prime note della corale “Montezuma”, sull’arpeggio lento di “Blue Spotted Tail”, ci ritornerà la stessa angoscia di quel periodo che non era né carne né pesce, la noia. Chi lo sa. Ora però non è quello che ci aspettavamo, tenendo conto della grandezza del primo lavoro.

E’ colpa di tutte le aspettative esagerate. Vedi il flop del nuovo Strokes (“Angles”), di cui qui non abbiamo ancora parlato (e ci sarà un motivo). Ma anche per loro il giudizio andrebbe posticipato, diciamo dopo l’estate, quando non ne potremo più di ballare “Under Cover Of Darkness”, che checchesenedica ci farà muovere. In questo caso però, a parte i singoli ci sarà l’oblio.

Poi ci sono pure i Telekinesis, da cui non abbiamo preteso mai niente e proprio per questo anche stavolta (“Desperate Straight Lines”) ci hanno soddisfatti. Su qualche pezzo si sorvola, ovvio, ma “You Turn Clear In The Sun” o “Dirty Thing” (quella dell’ep però, sul disco è meno carica), per dirne un paio, rimarranno sugli iPod per un bel po’.

I Pains of Being Pure At Heart piacciono a tutti, sì. Ma…Li ho visti pure dal vivo, sono simpatici, ma fanno troppo adolescente rimasto sotto con gli Smiths. “Belong” è carino, ci sono brani che presi uno alla volta migliorano l’umore (“Heaven's gonna happen now”), ma la voce di lui mi rompe troppo le palle. Sempre sussurrata, non si capisce se è contento o soffre. Cresci cazzo!

Tutt’altra storia è l’omonimo degli Yuck: sono la copia sputata dei Pavement, ma chissenefrega. Tutti i pezzi valgono il plagio. A cominciare dalla prima “Get Away”.

E infine il solito bel fritto misto di elettronica, funk, soul, rock di Bibio con “Mind Bokeh”, che pure a riprenderlo fra 100 anni ci ricorderà talmente tante cose già sentite che andrà sempre benone. Scaricatelo subbbito!



Tone

3 commenti:

  1. Te l'appoggio. Con delicatezza e senza secondi fini.

    andystarsailor

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  2. Il Nuovo Fleet Foxes invece secondo me è veramente uno dei dischi dell'anno. Forse ci vuole qualche ascolto in più rispetto al primo ma poi
    non lo si togli più dal piatto o per essere più moderno dalla memoria dell'I Pod

    Dzuzepino

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  3. Completamente d'accordo col post e con Brasi. O quasi (la rima ci sta). Perché Let England Shake, che è uscito a febbraio, è un disco tanto breve quanto immenso, avvolto com'è nella sua coperta pop morbida e colorata... Che donna cazzo!

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