giovedì 17 settembre 2009

Dinosaur Jr. vs Negrita

Mi avevano raccontato di un muro sonoro assordante, della necessità fisica di coprirsi i timpani dopo due minuti dal primo accordo. Ora mi chiedo se fossero tutte balle, particolari che si aggiungono per giustificare la spesa del biglietto in mancanza di altri argomenti a cui aggrapparsi, o se fosse colpa dell’impianto dell’Estragon che invalida ogni tipo di aspettativa. Fatto è che i Dinosaur Jr. dal vivo come li ho visti io sono stati proprio una merda. Quantomeno il fatto che il locale si trovasse all’interno dell’area in cui si festeggia la Festa dell’Unità ha reso la cronaca ricca di particolari.

Sinossi


Arrivati la sensazione è quella
di una grande sagra della carne di tamarro. Stand enogastronomici e musica di tutti i tipi: brasiliano, argentino, spagnolo, cubano. E cosce e ombelichi sporgenti che ballano latino-americano. Già dalla fermata dell’autobus si sente l’eco di qualcuno che canta in italiano e poiché i Super Elastic Bubble Plastic sono di spalla forse sono loro, penso. Ma il concerto non era al chiuso? Bhè, con tutta questa gente probabile che abbiano deciso di farlo all’aperto in uno spazio più grande.
Al botteghino ci aspettano gli a
ccrediti, ma il nome non risulta. Poco danno e per fortuna che ci sono gli amici degli amici e che due ingressi in qualche modo vengono sempre fuori. Quant’è bella l’Italia! Il palco è enorme e l’atmosfera strana, la gente chiede il bis (ai Super Elastic Bubble Plasil???). Passano due minuti e sul palco appaiono i Negrita. I Negrita?! Evidente che abbiamo sbagliato concerto, ma non tutto è perduto. Per fortuna l’Estragon è a 300 metri quindi torniamo indietro e corriamo verso i Dinosaur Jr. Il posto è pieno zeppo e appena dentro è già visibile la criniera bianca di John Mascis circodato da una montagna di Marshall che formano una specie di separé dagli altri due, Lou Barlow al basso e Murph alla batteria. Prepariamo le orecchie al peggio, ma il suono è scarico, come il loro atteggiamento sul palco. Pezzo dopo pezzo sembra di essere nella sala prove di una band di adolescenti appena formata. Pause interminabili per accordare gli strumenti e Murph che gira sul palco in cerca di un paio di bacchette di misura diversa. E silenzio. Non parlano né fra di loro né col pubblico. Tutti che sono lì ad acclamarli e da quelle cazzo di bocche non esce nemmeno un “grazie”. Non rimane che andar via prima della fine e conservare il biglietto dei Negrita, l’unico fatto degno di nota.

Tone

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