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Possiamo dire con buona approssimazione che Noah Lennox è il più influente music maker di questi ultimi anni. L’importanza dell’Animal Collective, il progetto più noto in cui milita, è ormai più o meno riconosciuta ovunque e lui ne è chiaramente il cardine. Lo si intuisce dal fatto che Panda Bear, che è l’altra sua personale creatura, ci suona molto simile, anche se meno in maniera meno grandiosa.
Noah Lennox tende sempre al trascendentale, vuole fare metafisica con la musica. A quello servono i suoi lunghi riverberi, i bassi atomici, i synth fuzzosi i fasci di voci stratificate, nenie, lamenti, mantra che non sai da dove arrivino, se dallo spazio, dall’anima, dall' oltretomba, dal centro della terra, dagli abissi del
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mare. Una metafisica ancestrale e insieme futuribile, una specie di affresco del pianeta dopo l’ultima devastazione aliena. Una rivisitazione tecnologica delle visioni psichedeliche di Brian Wilson, il suo nonno putativo, con cui condivide una sorta di ossessione per l’oceano.
Tomboy è il quarto disco da Panda Bear. Chi è già abituato al suo linguaggio ci troverà l’ennesima conferma senza più soprese. Al neofita, invece, si aprirà un mondo delle meraviglie tutto da eplorare.
rico
ehehm, sarebbe trascendente, non trascendentale... (comu me divertu cu te cacu cu lu cazzu!)
RispondiEliminaComunque il pezzo spacca, vorrei averlo scritto io (anche qui ho un po' esagerato, ma è vero!)
il filosofo
ps: non mi ricordo se ti ho detto grazie per il regalo... :-D
caro professore, siccome la recensione l'ho copiata da Stefano Isidoro Bianchi, prenditela con lui. COmq il termine esiste.
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ah e comunque grazie
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vedi, copi e anche male!
RispondiEliminaVagliuccio... 3!
ahah