Se molti perdono l'equilibrio una volta raggiunta la mezza età, si può proprio dire che David Byrne se la cava molto bene, in bici e anche senza bici. Non aspettatevi letteratura di viaggio, non nel senso convenzionale dell'espressione da questo testo. Vi troverete piuttosto considerazioni assennatissime sugli spazi urbani, sul modo di rivederli e riprogettarli perchè diventino più funzionali e meno congestionati, proprio grazie all'abbandono delle auto in favore delle biciclette. Niente critiche bacchettone, solo una visione più lungimirante delle città. Ma quello che dapprima stordirà, poi delizierà il lettore sono le miriadi di digressioni che l'ex Talking Heads pianterà nel mezzo del racconto di una sbrigativa gitarella con la sua bici pieghevole a downtown, discorsi che hanno a che fare con la musica, con l'arte, con la politica, con la sociologia e con mille altri aspetti dell'umano vivere. A Istanbul c'è un gruppo di amici nei guai con l'establishment locale che li ostacola nell'organizzazione di un rave-party, a Berlino si respira un'aria frizzante per via del fervore culturale di una città risorta dalle sue ceneri, a Sidney si prova stupore e paura a causa delle minacce dell'infame fauna locale, a Buenos Aires si parla al contrario e a New York si vive la normalità di un black out. Solo nel finale c'è qualche consiglio per la manutenzione della bici e la sicurezza del ciclista e in appendice si possono ammirare i progetti di fantasiose rastrelliere disegnate dall'artista. A cui una cosa soltanto non è riuscita: convincere sua figlia ad andare in bici!
brasi
brasi
Nessun commento:
Posta un commento